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Spondilolisi: diagnosi e trattamento

Spondilolisi: diagnosi e trattamento

  • 9 February 2021
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Spondilolisi, etimologicamente, deriva dal greco “spondilo” (vertebra) e “lisi” (dissoluzione). Indica un’interruzione della continuità (frattura) scheletrica di una vertebra, in particolare un difetto della sua pars interarticularis. Le vertebre sono ossa che costituiscono lo scheletro assile, l’asse portante del nostro corpo. Ogni vertebra presenta un “corpo”, posizionato anteriormente, ed un “arco vertebrale”, posizionato posteriormente. Ogni arco vertebrale comprende diverse porzioni ossee, tra cui i processi articolari superiori ed inferiori. La parte interarticolare soggetta a “lisi” è proprio la porzione intermedia tra i due processi articolari. Questa viene anche denominata istmo, dal greco “collo”, poiché funge da anello di congiunzione. 


Spondilolisi e Spondilolistesi: cosa sono?

La spondilolisi, dunque, rappresenta un difetto isolato di una porzione dell’arco vertebrale, ovvero del suo istmo. L’alterazione è spesso unilaterale: qualora essa fosse bilaterale, si verrebbe a creare una perdita di continuità ossea tra il corpo vertebrale ed il suo arco posteriore. Questa interruzione ossea può determinare uno “scivolamento” della vertebra, sfociando così in spondilolistesi. Il termine “listesi”, quindi nella spondilolistesi, indica lo scivolamento della vertebra, il quale può essere sia anteriore (anterolistesi, più comune), ma anche posteriore (si parla in questo caso di retrolistesi).


Spondilolisi: causa

La causa di Spondilolisi è ritenuta essere acquisita, sebbene esistano alcuni studi che affermano possa esserci una predisposizione congenita. L’eziologia acquisita è sicuramente quella più rilevante a livello clinico: stress cronici ripetuti e infortuni acuti rappresentano la causa più comune. Il meccanismo di stress che causa la spondilolisi L5 è ritenuto essere composto da movimenti ripetuti in estensione, rotazione e inclinazione laterale lombare, con aggiunta di carico assiale. Questi movimenti causano aumento di forze di taglio sulla parte interarticolare dei processi articolari. La vertebra L5 è quella maggiormente compromessa (85-95% dei casi), seguita da L4 (5-15% dei casi). 

La prevalenza della spondilolisi riguarda approssimativamente dal 6% all’11,5% della popolazione generale. Una menzione speciale deve essere fatta per gli sportivi: infatti in questa categoria la prevalenza risulta essere dell’8% circa, sebbene questa percentuale sia sottostimata. Uno studio di Patel et al (2000) ha riscontrato che negli atleti adolescenti con mal di schiena (LBP = low back pain), il 50% presentava spondilolisi. 


Spondilolisi: sintomi

Una premessa fondamentale da segnalare è che circa l’80% dei pazienti con spondilolisi istmica è senza sintomi. Infatti, molto spesso, essa viene identificata accidentalmente con esame diagnostici in assenza di alcuna sintomatologia riferita dal paziente. Tra i sintomi percepiti e riferiti dai pazienti, il più importante è sicuramente il dolore lombare. Il mal di schiena si presenta spesso con modesta entità, e, occasionalmente, può irradiare verso i glutei e/o la porzione prossimale delle cosce. In alcuni casi si riscontrano restrizioni nell’arco di movimento lombare, spasmi dei muscoli paraspinali, appiattimento dell’osso sacro. Avvertire sintomi neurologici come “intorpidimento” o “formicolii” è estremamente raro: in questi casi è utile un consulto medico per identificare altre possibili cause. Inoltre, il dolore derivato da spondilolisi è raramente avvertito in posizione seduta, così come in posizione supina. 


Spondilolisi istmica

La spondilolisi istmica è una patologia molto studiata. Sono state fatte diverse classificazioni, analizzando sia il fattore eziologico (causa) che la fisiopatologia (meccanismo traumatico). Esistono così diverse tipologie, tra cui:

  • Spondilolisi displastica (congenita) o degenerativa (acquisita)
  • Spondilolisi istmica
  • Spondilolisi traumatica o patologica

La spondilolisi istmica è la categoria più comune. Si riferisce alla tipica lesione della parte interarticolare, ovvero dell’istmo della vertebra. A sua volta essa viene classificata in tre sottocategorie:

  • Litica: rappresenta una frattura della pars interarticularis da stress cronico
  • Elongazione ma non frattura della pars interarticularis
  • Frattura acuta della pars interarticularis

Diversi studi suggeriscono che, in molti casi di spondilolisi istmica, la frattura da stress cronico (litica) risulta essere la più frequente, causata da carico ripetitivo piuttosto che da un singolo evento traumatico. Si ritiene che il meccanismo di lesione sia costituito dalla associazione di movimenti in estensione e rotazione lombare. Uno studio ha rilevato che la consistenza ossea dell’arco posteriore aumenta e raggiunge il suo picco intorno ai 40 e 50 anni: ciò spiegherebbe perché la spondilolisi è molto più presente nei giovani piuttosto che negli anziani, ma questa resta un’ipotesi. 


Spondilolisi: diagnosi

La valutazione diagnostica della spondilolisi di L5 richiede indagini strumentali. La radiografia viene considerata l’indagine di primo livello per indagare un sospetto di spondilolisi istmica. Essa permette di visualizzare un’eventuale lesione della pars interarticularis della vertebra. Indagini di secondo livello, come la TC (tomografia computerizzata) e la RMN (Risonanza magnetica nucleare), servono ad inquadrare casi più complessi ed alla preparazione di eventuali operazioni chirurgiche.

Tipicamente, una spondilolisi si presenta radiograficamente con il segno dello “Scottie dog”: in proiezione latero-obliqua, il povero cagnolino presenta una decapitazione (la pars interarticularis rappresenta il collo del cane). 

spontilolisi diagnosi

Quindi devo operarmi?

La valutazione clinica dei pazienti con Spondilolisi risulta, ancora oggi, molto difficile. Saper identificare una spondilolisi richiede un’indagine radiologica e, dato che circa l’80% dei soggetti risulta asintomatico, diventa complesso intercettare i casi che richiedono un trattamento specifico. Ragionevolmente, si crede che l’unica soluzione per curare la spondilolisi, la quale implica una frattura dell’istmo vertebrale, sia l’operazione chirurgica. Sebbene ciò abbia un nesso logico, in letteratura sono stati confrontati gruppi di pazienti trattati sia chirurgicamente che conservativamente.

Dunque, se hai una spondilolisi, non devi operarti? La risposta è: dipende. 

La chirurgia deve essere utilizzata qualora il trattamento fisioterapico non abbia successo. Viene consigliata soprattutto nei giovani atleti che presentano sintomatologia persistente. 


Spondilolisi: riabilitazione

Il trattamento fisioterapico, che può esser fatto da un fisioterapista specializzato, è la terapia più indicata in caso di spondilolisi. Molti ricercatori si sono chiesti quale tipo di intervento sia più efficace per trattare i pazienti con dolore e limitazione funzionale causati da spondilolisi o spondilolistesi. Diversi autori hanno confrontato due gruppi di trattamento, il primo costituito da un programma specifico di esercizi di stabilizzazione lombare, il secondo da un programma generico di esercizi (nuoto, palestra).

Dopo 10 settimane di intervento, il gruppo sperimentale con esercizi specifici ha mostrato una riduzione significativa nel dolore percepito e nei livelli di disabilità funzionale, mantenuti dopo 30 mesi al follow-up. 

Il trattamento prevede:

– allenamento specifico degli addominali profondi (attivazione dell’obliquo interno e del trasverso dell’addome)

– allenamento specifico degli addominali profondi con co-contrazione del muscolo multifido prossimale all’istmo lesionato. 

Gli esercizi vengono svolti in maniera isometrica, vale a dire con attivazione muscolare in assenza di movimento. La contrazione viene mantenuta per almeno 10 secondi, e gradualmente si aumenta il tempo di tenuta. Una volta acquisita la capacità di attivare e mantenere la contrazione dei muscoli addominali profondi e del muscolo multifido, agli esercizi vengono aggiunti movimenti degli arti, per aumentare il carico sul tronco. Raggiunta una corretta sinergia tra mantenimento del rachide e movimenti degli arti, il controllo motorio ottenuto viene incorporato a gesti funzionali, come sollevare pesi, correre, guidare. 

Ecco alcuni esempi:

  1. Attivazione del trasverso dell’addome: in posizione supina, fletti le ginocchia e poggia la pianta dei piedi a terra, poni una mano sul pube ed una sullo sterno. Immagina di avvicinare la mano posta sopra il pube verso la mano posta sullo sterno, senza contrarre il retto addominale e i muscoli glutei. Mantieni la posizione mentre respiri normalmente. 
  2. Co-contrazione del muscolo multifido: in posizione supina, con ginocchia flesse, poni una mano dietro il rachide lombare. Immagina di comprimere la mano posta sotto la schiena, mantieni tale posizione mentre respiri normalmente.
  3. Plank: in posizione prona, poggia i gomiti a terra e solleva il bacino facendo spinta sulle dita dei piedi. Ricerca la posizione neutra della schiena, parallela al pavimento. Mantieni la posizione mentre respiri in maniera fisiologica. 
  4. Esercizio Bird-Dog: esercizio proposto in una fase intermedia, viene svolto in posizione quadrupedica. Dopo aver ricercato la co-contrazione addominale e lombare, solleva gamba e braccia controlaterali contemporaneamente. L’esercizio può essere modificato rendendolo più facile (sollevando solo un arto) oppure più difficile (aggiungendo dei pesi).

Per la corretta programmazione e gestione degli esercizi affidati ad un fisioterapista, che può essere un fisioterapista di Milano o fisioterapista di Palermo, esperto in ambito muscoloscheletrico, il quale saprà guidarti nella scelta e nell’esecuzione corretta di esercizi specifici per il tuo problema. 


Conclusioni

La spondilolisi è una patologia molto comune che spesso non dà alcun sintomo. Nei soggetti che manifestano dolore lombare in associazione con spondilolisi è altamente consigliata una riabilitazione specifica. Attraverso la corretta programmazione di esercizi rivolti alla stimolazione dei muscoli addominali e lombari, è possibile ridurre il dolore e migliorare le attività funzionali. 


Bibliografia 

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